Firenze

Infermiera arrestata a Livorno, è accusata di aver ucciso 13 pazienti: "Almeno così dormono"

Le vittime erano tutte ricoverate nell'ospedale civile di Piombino tra il 2014 e il 2015. Avevano tra i 61 e gli 88 anni. Uccise con iniezioni di un farmaco anticoagulante, l'eparina, non prescritto nelle terapie
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LIVORNO "Almeno così dorme", aveva detto Fausta Bonino, 55 anni, infermiera dell'ospedale di Piombino avvicinandosi al letto di un paziente per un'iniezione. Poco dopo, era l'agosto del 2015, quel paziente sarebbe morto. Così come altre dodici vittime che, secondo i militari del Nas di Livorno, sono stati uccisi tra il 2014 e il 2015 con iniezioni letali di un farmaco anticoagulante somministrato proprio dall'infermiera dell'ospedale toscano in provincia di Livorno.

Loro, le vittime, donne e uomini tra i 61 e gli 88 anni, erano tutte ricoverate, per diverse patologie anche non gravi, nel reparto di anestesia e rianimazione dell'ospedale civile di Piombino. Non erano malati terminali. Lei, l'infermiera accusata di omicidio volontario continuo aggravato dalla crudeltà, come "arma" ha usato un farmaco molto utilizzato in ospedale ma non previsto nelle terapie di quei pazienti: l'eparina, che iniettato da Bonino anche con dosi 10 volte superiori alla norma ha provocato, soprattutto in alcuni casi "una rapida, diffusa e irreversibile emorragia con conseguente morte", hanno spiegato i carabinieri dei Nas.

Originaria di Savona, ma in Toscana dagli anni '80, la donna, sposata con due figli, lavorava nel reparto di anestesia e rianimazione da 20 anni: i militari dei Nas hanno spiegato che soffriva di depressione ed era stata in cura da uno specialista.  L'infermiera è stata fermata nella tarda serata di ieri all'aeroporto di Pisa, dopo essere rientrata da un viaggio a Parigi con il marito, e portata in carcere. Durante la conferenza stampa dell'Asl il primario del reparto Michele Casalis si è commosso

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A Piombino. Oggi tra i corridoi dell'ospedale di Piombino il sentimento dominante è stata la sorpresa: "Non voglio dire niente, si immagini in che stato d'animo siamo", ha detto un'infermiera di turno nel reparto accanto alla rianimazione che  ha la porta chiusa a tutte le visite. Infermieri e medici si informano di quanto è successo, al bar si discute. Secondo l'inchiesta, denominata "Killer in corsia" la donna ha ucciso i pazienti proprio attraverso la somministrazione letale del medicinale. L'indagine è partita dopo la segnalazione di un paziente anziano che aveva inspiegabili emorragie diffuse non collegabili alla patologia di cui soffriva. L'infermiera era sempre presente nei turni in cui veniva somministrata ai pazienti Eparina o in quantità eccessive o anche senza che fosse prescritta.

Le investigazioni hanno preso in considerazione cartelle cliniche, esami del sangue abitualmente fatti ai pazienti ricoverati nei reparti, il peggioramento delle statistiche di mortalità nell'ospedale. Tra le aggravanti che il gip di Livorno evidenzia nell'ordinanza di arresto, oltre alla crudeltà, la violazione dei doveri di chi esercita pubblico servizio e l'aver approfittato di circostanze in cui le vittime erano in difficoltà.


Le vittime. I tredici pazienti vittime, secondo l'indagine, dell'infermiera erano state ricoverate tra il 2014 e il 2015:  Marco Fantozzi, morto il 19 gennaio 2014 era stato ricoverato per insufficienza respiratoria, Terside Milianti, morta il 27 giugno 2014, era stata ricoverata per embolia polmonare. Adriana Salti, morta il 22 settembre 2014, Enzo Peccianti morto il 2 ottobre 2014 e ricoverato per insufficienza respiratoria, Elmo Sonetti ricoverato per intervento chirurgico e morto il 24 novembre 2014, Marise Bernardini arrivata al pronto soccorso il 25 novembre 2014 e morta il giorno seguente. Lilia Mischi, morta il 20 dicembre 2014 e Alfo Fiaschi il 28 dicembre 2014. Franca Morganti, morta il 9 gennaio 2015. Mario Coppola ricoverato il 10 marzo per insufficienza respiratoria acuta e morto il giorno seguente, Angelo Ceccanti ricoverato per una tracheotomia e morto il 2 luglio 2015, Marcella Ferri ricoverata per una valvoplastica e protesi all'anca e morta nell'agosto 2015. E Bruno Carletti, ricoverato per una frattura al femore e morto il 29 settembre 2015.

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La regione. "L'indagine è partita sulla base di due denunce da parte del sistema sanitario nazionale, appena avuto il sospetto del coinvolgimento dell'indagata nei fatti, l'infermiera venne spostata dal suo posto di lavoro", ha spiegato l'assessore regionale alla sanità Stefania Saccardi. "E' davvero una storia orribile - ha detto - alla quale si fa fatica a credere". Appena avute le prime conferme l'infermiera è stata trasferita dal reparto al poliambulatorio, dove non vi è somministrazione di farmaci.

"Continueremo ad assicurare alla giustizia tutta la nostra collaborazione nel proseguimento delle indagini- ha continuato l'assessore - voglio sottolineare ancora che si tratta di un caso isolato: la missione di un infermiere non è certo quella di dare la morte, ma invece curare, assistere, alleviare il dolore. E questo fanno, con deontologia professionale, gli infermieri del servizio sanitario toscano".

"Singoli episodi negativi e terribili, come quelli di Piombino, anche se venissero confermati, non non possono gettare fango sull'intera categoria e nemmeno sul sistema sanitario toscano ed italiano", ha detto il governatore della Toscana Enrico Rossi. "Frequentando di recente, per ragioni familiari, gli ospedali - ha aggiunto Rossi - sono rimasto contento nel vedere con quanto giusto orgoglio professionale, sentimento e affetto, molti infermieri e molti medici ricevessero ringraziamenti dai familiari e dai malati, dopo il ricovero".